Frame - Simple Portfolio Post

Giovanni Bigazzi, marzo 2013

 

Zeijko Pavlovic ed io, Giovanni Bigazzi, ci siamo incontrati e trovati nel contesto della Libera Accademia di belle Arti. Un incontro che ha subito rivelato una forte intesa e due linguaggi “diversamente simili”. Con nette differenze nell’uso dei materiali e nella lettura delle proporzioni, Zeijko tramite l’uso della pittura e dell’incisione, io attraverso l’ elaborazione da un negativo o da una foto digitale.

Diversamente simili nell’accostamento di esperienze diverse, ma certamente uniti dal flusso delle linee, dei colori e dalla sperimentazione nel plasmare la materia.

Le stesse esperienze negli studi e nel rispettivo apprendimento, hanno senz’altro favorito un amalgama tra i  lavori, incoraggiandoci a interagire con lo spazio a disposizione.

Le forti similitudini stanno nell’attenzione alle forme e agli equilibri cromatici dei nostri soggetti e

a una ferrata idea di ritmo e di luce, di armonia e materia, fondendo così le diverse ricerche.

Zeijko si ispira alla musica barocca; io, essendo la musica l’altra mia dimensione lavorativa e di ricerca, questa mi porta a un attento equilibrio tra immagini e ritmi nella fotografia.

In fondo fotografare è dare una lettura degli elementi circostanti ognuno secondo la sua sensibilità e  il punto di vista… “il paesaggio è pieno di segni simboli, di cose nascoste” (Mario Giacomelli).

Questi elementi si possono tradurre in materia tangibile (dipinto, disegno o foto stampata ) e quindi potrebbero interagire con uno spazio, che sia tra le mura di una casa, come in un luogo esterno. In questa esposizione è stata la prima volta che ho visto le mie fotografie composte in una maniera apparentemente inusuale, ma questo non ha un accezione negativa, dà invece una soggezione iniziale nel vedere le fotografie e i dipinti catapultati in posizioni e distanze asimmetriche, ma che in realtà seguono una linea di un’onda che traccia il perimetro dello spazio.

Una modalità per me inedita nel presentare le foto,  ma in un’alternanza di vicinanze e vuoti attivati, per uniformarsi ai dipinti di Zejiko. Proprio questi vuoti attivati hanno permesso di creare un raccordo fra i singoli lavori e di farli reagire nei blu, nei neri e nei bianchi, colori prevalenti nell’ “opera unica” dell’ installazione.

Uno stravolgimento di abitudine nelle dimensioni variegate delle immagini e soprattutto nella lettura dello spazio espositivo. Il nostro intento non è quello di creare un classico dialogo alternato da foto e pittura, in molti casi efficace, ma talvolta col rischio di scaturire una frammentazione disarmonica.

Il nostro tentativo sta nel voler dare vita a una trama di immagini con mezzi espressivi diversi, un intreccio con lo spazio steso, un luogo che nella sua dinamicità presuppone un attenzione nel posizionare le opere stesse, seguendo un’idea geometrica e uno svolgimento asimmetrico.

Questi giochi di volumi, forme e colori, tra accostamenti e vuoti, diventano punti di raccordo, facendo si che le immagini si armonizzino fino a dare vita a un’opera unica.